ANGELO GRIMALDI: La Costituzione di Cadice
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il parlamento non poteva revocare il Re e il Re non poteva sciogliere il parlamento (sulle
facoltà delle Corti art. 131, punto 3°: Resolver cualquier duda, de hecho o de derecho, que
ocurra
en orden

a la sucesión a la corona; sulle prerogative

e facoltà del re art. 172, 1°
comma: Las restricciones de la autoridad del Rey son las siguientes: Primera. No puede el
Rey
impedir

bajo

ningún

pretexto

la

celebración

de

las

Cortes

en

las

épocas

y

casos
señalados
por

la

Constitución,

ni

suspenderías

ni

disolverlas,

ni

en

manera

alguna
embarazar sus sesiones y deliberaciones. Los que le aconsejasen o auxiliasen en cualquiera
tentativa para estos actos, son declarados traidores, y serán perseguidos como tales”).
Con
la

Costituzione

del

1812,

pur

non

potendo

parlare

pienamente

di

“Plenitudo
Potestatis”
(si

vedano

gli

artt.

170,

171

e

172

della

Costituzione)

non

fu

eliminata

la
posizione
di

legittimazione

trascendente

posta

a

fondamento

della

monarchia.

Essa
determinò
un

regime

dualistico

(re

e

parlamento)

basato

sull’esistenza

di

due

titoli
d’investitura
del

re,

“Ferdinando

VII

per

Grazia

di

Dio

e

per

la

Costituzione

della
Monarchia Re del Regno delle Spagne”:
45
uno autonomo, trascendente, ed uno derivato e
rappresentativo. Possiamo considerare la monarchia spagnola, con a capo Ferdinando VII,
come
monarchia

limitata

a

carattere

temporaneo

e

con

caratteristiche

anche

riconducibili
alle monarchie costituzionali.
Anche
la

Costituzione

del

1812

ripone

nei

singoli

individui

il

fondamento

della
sovranità.
Nell’assolutismo

regio

la

sovranità

era

assicurata

dalla

persona

del

re,

come
espressione dell’unitarietà della volontà sovrana. Rinnegando il principio assolutistico non
si
rinuncia

però

alla

volontà

unitaria

e,

non

potendo

contare

sulla

somma

delle

singole
volontà, si ricorre ad una figura giuridica astratta, la “nazione”. Essa però non rappresenta
le varie categorie sociali che costituiscono il “popolo”, ma riunisce tutti i ceti sociali attorno
ad un’idea, un sentimento comune. Con il concetto di “nazione”, oltre a salvare l’unità della
volontà sovrana, si voleva legittimare l’ingresso nelle Istituzioni politiche della borghesia
mercantile,
militare

e

burocratica

e

serviva

soprattutto

a

neutralizzare

eventuali

derive
popolari
che

potessero

scaturire

dalle

istanze

dei

democratici.

La

“nazione”,

in

quanto
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La Costituzione politica della monarchia spagnola, si apre con il seguente Preambolo: “D. Ferdinando VII
per
grazia

di

Dio

e

per

la

Costituzione

della

Monarchia

Spagnuola,

Re

delle

Spagne,

e

in

sua

assenza

e
prigionia la Reggenza del Regno, nominata dalle Corti generali e straordinarie, a tutti quelli che vedranno e
intenderanno
le

presenti,

fa

sapere,

che

le

medesime

Corti

hanno

decretato

e

sanzionato

la

seguente
costituzione politica della Monarchia Spagnuola. Nel nome di Dio onnipotente Padre, Figlio e Spirito Santo,
Autore e Supremo Legislatore della Società […], in: Raccolta di tutte le costituzioni antiche e moderne, cit.,
1.